In questi giorni carichi di incertezza leggo “Finchè morte non sopraggiunga” (1971) di Amos Oz e rifletto sulla paura.
Ho paura di noi adulti quando non sappiamo assumerci le nostre responsabilità e le scarichiamo sui ragazzi, causa di ogni male, e così li consegniamo ancora di più alla rabbia e alla solitudine.
Ho paura di chi pontifica di libertà sottratta e forse dovrebbe riflettere di più sulla miseria della propria condizione, se una mascherina è una minaccia!
Ho paura di quanti pensano di sapere tutto ma non devono fare nulla che li impegni personalmente.
Ho paura di chi non vuole vedere, perché è più comodo pensare a complotti e oscuri poteri e in questo modo ci si deresponsabilizza.
Ho paura perché non sappiamo più imparare dall’esperienza e dalla storia, e ci ritroviamo a commettere gli stessi errori.
Ho paura di chi cavalca l’onda della rabbia e della disperazione e per bieco interesse personale si fa forte del dolore e della sofferenza di tanti.
Ho paura di chi porta alta la bandiera dell’antifascismo sanitario e in fondo sbandiera solo il proprio egoismo e la perdita del senso di comunità.
Ho paura di non saper trovare le parole per spiegare a mia figlia perché la sua formazione culturale, umana e sociale, il suo futuro sono stati sacrificati in nome di interessi vergognosi.
Ho paura di un paese che punta il dito sulla scuola, i cinema, i teatri, i luoghi di cultura e di crescita ma non ha fatto tutto quello che forse poteva per tutelare i giovani e l’anima di un popolo.
Sento però anche la speranza in chi ogni giorno lotta, crede, spera, si impegna per i più deboli, i giovani, i vecchi, i malati, gli sfruttati, le persone senza prospettiva, gli artigiani, i commercianti.
Ho speranza in chi accetta di perdere quotidianamente un po’ dei propri diritti inalienabili per il bene comune e per chi i diritti non ce li ha.
Ho speranza perchè ora più che mai bisogna restare umani e uniti!