Lino ha 22 anni e da 2 vive rinchiuso nella sua stanza. Esce la notte per mangiare qualcosa; ragazzo sensibile, brillante, soffre di una specie di #autismotecnologico, una vera #anoressiasociale.
Tale fenomeno si chiama #Hikikomori, in giapponese “mi ritiro” e indica chi decide di ritirarsi dalla vita sociale (specie maschi 14-30anni) per lunghi periodi rinchiudendosi nella propria stanza e riducendo i contatti con il mondo esterno compresi i familiari.
In genere questa sindrome insorge in adolescenza e tende a cronicizzarsi; in Giappone si stimano 1milione di casi, in Italia circa 100mila.
Nell’occidente postindustriale il fenomeno dilaga da anni, segno di un #disagioadattivo sociale sempre più grave.
Gli Hikikomori sono di solito ragazzi molto intelligenti, sensibili e inibiti nelle relazioni anche con i familiari.
I primi segni hanno a che fare con il rifiuto di andare a scuola, e non solo per episodi di bullismo; passano la notte al PC e dormono quando il mondo produce.
Sviluppano spesso una visione sprezzante per una società che non li fa sentire accolti e di cui rifiutano l’ideale di presunto successo e affermazione a tutti i costi.
Nelle loro stanze vivono sommersi da oggetti e devices tecnologici, il web diventa il ponte verso il mondo, sul web costruiscono i loro avatar a misura di come vorrebbero essere.
Tramite chat e social hanno spesso una intensa vita sociale-virtuale, ma la porta della loro stanza è un confine invalicabile.
Dietro questa sofferenza troviamo spesso aspetti temperamentali, problemi familiari e di relazione, ansia sociale, disturbi dell’umore che possono portare a una crescente difficoltà e demotivazione nel confrontarsi con la vita sociale, fino a un vero e proprio rifiuto.
Sto dietro la porta di Lino, si rifiuta di parlare: ci scriviamo dei bigliettini. Va avanti così per alcune sedute finchè accetta di vederci (senza cam) su Skype.
Sento di entrare in una cripta buia e devo essere delicato e accorto come davanti un fiore che prova a fidarsi del cielo.